254. Manzo alla casalinga. Prendete culatta di manzo o bracioline, o qualunque altro pezzo di carne, mettetela in una casseruola col soffritto n. 162; aggiungete brodo finchè la carne sia ben cotta: ed allora unitevi ciò che più vi aggrada, come erbaggi, legumi lessi, o patate, a cui farete incorporare quell'umido o salsa che avrà fatto la carne, e la servirete.
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; aggiungete brodo finchè la carne sia ben cotta: ed allora unitevi ciò che più vi aggrada, come erbaggi, legumi lessi, o patate, a cui farete
Se mancate di salsa piccante, allorchè le costolette son cotte, levatele dalla padella, entro cui porrete alcune cipolline affettate assai fini con un pezzetto d'aglio; poscia aggiungetevi un mezzo cucchiajo da tavola di farina, che diluirete con un po' di vino bianco vecchio, e un cucchiajo da tavola di salsa macinata; condite di pepe e sale; non fate che bollisca la salsa, ma tosto che sia bene assimilata, versatela sotto le costolette.
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Se mancate di salsa piccante, allorchè le costolette son cotte, levatele dalla padella, entro cui porrete alcune cipolline affettate assai fini con
321. Granchi teneri. Prendete alquanti granchi teneri vivi, lavateli, metteteli in un recipiente con latte, in cui si terranno per due ore, onde se ne imbevano bene; toglieteli, poneteli in farina ed in uova sbattute, e friggeteli nel butirro; indi accomodateli in un piatto e serviteli con una salsa di grasso di vostro gusto, spremendovi sopra un mezzo limone.
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321. Granchi teneri. Prendete alquanti granchi teneri vivi, lavateli, metteteli in un recipiente con latte, in cui si terranno per due ore, onde se
374. Cardi. Tagliateli a pezzi della lunghezza di circa dieci centimetri, o quattro pollici, fateli bollire nell'acqua con sale; ritirateli dal fuoco, aggiungete un poco d'acqua fredda onde potervi tenere immersa la mano, e ad un pezzo per volta asciugateli, e mondateli della pellicola e dei fili da cui sono coperti, strofinandoli con una salvietta; indi gettateli nell'acqua fredda, per meglio lavarli, fateli bene sgocciolare, e finalmente passateli in una casseruola con un bel pezzo di burro, un pugillo di farina, sale, ed acqua sufficiente per ricoprirli. Lasciateli finir di cuocere per circa un'ora a fuoco lento, e quando hanno consumato l'acqua ponetevi dell'altro burro, versate in un piatto, spargetevi del buon formaggio grattato e servite.
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da cui sono coperti, strofinandoli con una salvietta; indi gettateli nell'acqua fredda, per meglio lavarli, fateli bene sgocciolare, e finalmente
388. Zucchette ripiene. Pulite e lessate le zucchette come sopra, tagliatele in mezzo per lo lungo, vuotatele della loro polpa, disponetele in un tegame con del burro, riempite il vuoto che le avete fatto con un battuto di carne, come pel cavolo ripieno (n. 385), spolverizzatele con pan grattato; fatele rosolare con fuoco sopra e sotto, non dovendosi queste rivoltare, e quando hanno preso un bel colore, bagnatele col sugo in cui avete cotto la carne che vi ha servito per fare il battuto, indi ritiratele, accomodatele in un piatto senza romperle, e servitele.
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; fatele rosolare con fuoco sopra e sotto, non dovendosi queste rivoltare, e quando hanno preso un bel colore, bagnatele col sugo in cui avete cotto la
In generale, qualunque sia il battuto di cui vogliate servirvi, questo deve essere sempre legato con uova, affinchè friggendo prenda consistenza e stia insieme.
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In generale, qualunque sia il battuto di cui vogliate servirvi, questo deve essere sempre legato con uova, affinchè friggendo prenda consistenza e
451. Uova alla neve. Fate bollire mezzo litro di buon latte; nel frattempo rompete otto uova, separatene i tuorli dalle chiare, sbattete queste sino a che sieno ridotte quasi come neve, ossia tutte in una spuma fitta e consistente, al quale uopo vi servirete d'una forchetta o d' un mazzetto di fuscelli; aggiungetevi un poco di zucchero in polvere mescolando bene; date al latte un sapore aromatico con fiori d' arancio, o con vainiglia, con o scorza di limone grattata. Quando questo latte bolle, ponetevi dentro a cucchiajate le chiare montate come abbiam detto sopra; fatele rigonfiare, rivoltandole anche con un mestolo per agevolare questo rigonfiamento, poi ritirate il tutto dal fuoco, fate passare il latte per istaccio; raccogliete le chiare così cotte, ed accomodatele nel piatto in cui dovete servirle, intanto frullerete i tuorli in un recipiente adattato, vi verserete sopra il latte ancor tiepido in cui avete cotte le chiare, mescolerete bene, aggiungendo un poco di zucchero, e rimetterete al fuoco per formarne una crema senza lasciar bollire, e dimenando continuamente con un mesto; quando questa crema si sarà condensata, ritiratela, versatela sulle chiare che avete già accomodate nel piatto a piramide, e servite caldo o freddo a piacere.
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chiare così cotte, ed accomodatele nel piatto in cui dovete servirle, intanto frullerete i tuorli in un recipiente adattato, vi verserete sopra il latte
Bisogna guardarsi dal salare le bifteks durante la cottura: è questo un errore assai comune di cui dobbiamo far conoscere le conseguenze. Il sale, che sul fuoco diventa un dissolvente, fa sanguinare la carne, e le toglie il suo succo, che è la qualità più preziosa d' una buona biftek. Osserverete infatti che la brace su cui vien cotta la carne si trova tutta asparsa del succo di questa; ed è ciò che fece nascere l'idea d'inventare delle graticole inclinate, con uno scolatojo destinato a ricevere il succo ed il grasso proveniente dalla cottura. Questa invenzione può essere un mezzo per evitare il fumo, ma non ha alcun effetto per la cottura, che non deve essere praticata altrimenti da quella che abbiamo indicata.
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Bisogna guardarsi dal salare le bifteks durante la cottura: è questo un errore assai comune di cui dobbiamo far conoscere le conseguenze. Il sale
509. Condimento delle insalate. Abbiamo detto al numero precedente (508), che l'insalata si reca in tavola in apposita insalatiera, o nel piatto stesso in cui vien servito l'arrosto, come guarnimento di questo, non però condita. Nel primo di questi casi, ciò quando viene servita a parte nell'insalatiera (quantunque contemporaneamente all'arrosto), uno dei convitati, o la padrona di casa nei pranzi famigliari; ovvero un servo nei grandi banchetti, s'incaricano di condire l'insalata per tutti nella stessa insalatiera. Ecco come si procede per fare meglio quest'operazione. Prendete o fatevi dare, se non l'aveste già a vostra disposizione, un piatto alquanto fondo; ponetevi del sale a sufficienza che prenderete colla punta del coltello dalla saliera che lo contiene, ed un poco di pepe se gli altri convitati lo gradiscono; indi verserete nello stesso piatto olio ed aceto, regolandone la dose, come per il sale a seconda della quantità dell'insalata, ed agitate e mescolate bene questo condimento sbattendolo con una forchetta pulita. Quando l'avrete bene assimilato, e che l'olio sarà quindi, non più separato, ma amalgamato coll'aceto, versate detto condimento sull'insalata nella sua insalatiera, e rivoltate bene con due forchette di legno apposite, che devonsi per solito trovarsi a lato dell'insalatiera. Questo modo di condire l'insalata è preferibile all'altro che consiste nel versarvi sopra addirittura 1' olio, e l'aceto, e il sale, senza prima mescolare a parte fra di loro questi tre ingredienti; per cui ne risulta spesso che si trova poi il sale non disciolto accumulato su alcune foglie d'insalata, le quali perciò riescono molto disgustuse a quelli cui toccano.
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stesso in cui vien servito l'arrosto, come guarnimento di questo, non però condita. Nel primo di questi casi, ciò quando viene servita a parte nell
511. Pinzimonio. Si fanno i pinzimonii con i sedani, che vogliono essere scelti bianchi e grossi per questo uso, coi cardoni, coi carciofi, di cui si mangia il girello ed il bianco delle foglie, e coi finocchietti. Si servono questi ortaggi crudi, accomodati in un piatto, dopo averli ben mondati e lavati; e ciascun convitato, dopo essersi servito, si prepara da sè nel proprio piatto il condimento, consistente in olio, pepe e sale; pochi vi aggiungono anche dell'aceto. Così preparato il condimento, si mangia la parte tenera e più bianca di questi ortaggi immergendoveli dentro. Si servono i pinzimonii fra i principii di tavola oppure dopo l'arrosto.
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511. Pinzimonio. Si fanno i pinzimonii con i sedani, che vogliono essere scelti bianchi e grossi per questo uso, coi cardoni, coi carciofi, di cui si
512. Insalata composta, o majonnese. Questa insalata si serve già condita in una insalatiera od in una compostiera, e si ammannisce nel seguente modo. Prendete sei grosse patate lessate, due barbebietole rosse cotte al forno; mondate le une e le altre e tagliatele a fette; fate lo stesso con un citriuolo crudo, o conservato nell'aceto; indi trinciate due cesti di indivia bella bianca, dopo averla mondata e lavata; mescolate bene il tutto nel recipiente in cui dovete servire a tavola; condite con olio d'oliva, aceto, sale e pepe, e seguitate a mescolare; indi spargetevi sopra dei capperi; accomodatevi con simmetria quattro uova assodate, sbucciate e tagliate in mezzo, e se vi aggrada anche due acciughe salate, che avrete prima pulite e private della loro lisca; e quando l'avrete così ammannita, servite questa insalata, che sarà gustosissima e gradita assai.
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recipiente in cui dovete servire a tavola; condite con olio d'oliva, aceto, sale e pepe, e seguitate a mescolare; indi spargetevi sopra dei capperi
518. Gelatine ripiene. Prendete la gelatina prima che sia ridotta a consistenza; versatene un po' all'altezza di un dito nella forma in cui volete far gelare; mettetela nel ghiaccio, e quando sia bene assodato questo suolo di gelatina, formatevi sopra un disegno con piccole fette di ogni sorta di conserve di frutta, che sieno ben dense; versatevi sopra un altro suolo di gelatina come il primo; fatelo gelare; formatevi sopra un altro disegno a piacere, e seguitate la stessa operazione finchè avrete gelatina, o fino a che la forma sia piena.
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518. Gelatine ripiene. Prendete la gelatina prima che sia ridotta a consistenza; versatene un po' all'altezza di un dito nella forma in cui volete
523. Gelatina al Madera. Si procede come per la gelatina al rum (n. 520), chiarificando insieme lo zucchero e la colla di pesce, a cui si aggiunge il succo d'un limone mentre il composto è tuttavia sul fuoco, il che dona molto alla chiarificazione; si passa indi questo miscuglio per un pannolino, e vi si unisce il vino di Madera, mescolando bene il tutto. Per il resto si opera come per le altre gelatine.
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523. Gelatina al Madera. Si procede come per la gelatina al rum (n. 520), chiarificando insieme lo zucchero e la colla di pesce, a cui si aggiunge il
2. Scelta dell'acqua, dose del sale. Non bisogna servirsi, per la fabbricazione del pane, che di acqua limpidissima, esente da qualsiasi cattivo sapore; quella di sorgente o di fiume, nota sotto il nome di acqua viva, è la migliore di tutte; dovunque si possa procurarsene, sarà opportuno preferirla. Il sale si adopera diluito nell'acqua con cui la pasta viene maciullata o gramolata; la dose varia secondo i gusti e gli usi locali. In alcuni luoghi, per esempio, si sala molto il pane; in altri se ne introduce appena la metà. La prima acqua con cui s'impasta la farina non dev'essere salata, poichè il sale impedirebbe la pasta di alzarsi convenientemente; ma si aggiunge soltanto in fine dell'operazione.
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. Il sale si adopera diluito nell'acqua con cui la pasta viene maciullata o gramolata; la dose varia secondo i gusti e gli usi locali. In alcuni
3. Lievito. Si sa che il pane deve subire un movimento di fermentazione, determinato da alcune sostanze; il fermento più generalmente adottato è un pezzo di pasta riserbata della precedente infornatura e composta di raschiature della madia, alle quali si aggiunge una piccola quantità di farina, onde dar la consistenza come di una pasta assai densa, e per consegnenza impastata con pochissima acqua. Questa pasta si ravvolge in un pannilino e si conserva fresca, onde non fermenti prima del tempo in cui s'ha da servirsene per la panificazione. Nei paesi dove la birra è la bevanda più usitata, il lievito è di spesso costituito dalla feccia di birra; ma questa, quanto al pane per le famiglie, presenta sì gravi inconvenienti ch'è meglio preferirle il lievito di pasta; per poco che abbia subito gli effetti di un uragano od anche dì un vento umido e caldo, la feccia di birra è soggetta ad alterarsi, ed allora fa il pane più o meno amaro; il pane non leva, o male si sbricciola e forma una massa pesante e compatta. La feccia di birra non serve realmente che ad uso dei fornai di professione, che l'adoprano principalmente per preparare la pasta e formarne dei pani di fantasia. Il giorno precedente a quello in cui si vuol cuocere il pane, il lievito viene stemperato nell'acqua calda o fredda, secondo la stagione; nella state, vi si aggiunge il terzo della quantità totale della farina che deve essere panificata, e la metà nell'inverno. La fermentazione, che tosto si stabilisce, viene eccitata nel verno adoperando dell'acqua calda e ravvolgendo il lievito entro una coperta di lana; nella state poi viene rallentata adoperando dell'acqua fresca, e lasciando il lievito alla scoperto in un luogo fresco.
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conserva fresca, onde non fermenti prima del tempo in cui s'ha da servirsene per la panificazione. Nei paesi dove la birra è la bevanda più usitata, il
539. Zamponi di Modena. Si fanno procedendo in tutto come per i codeghini (n. 538), salvo che, invece d'insaccare l'impasto entro budella, se ne riempiono le zampe stesse del majale che si saranno prima vuotate sino al piede delle ossa e di tutta la carne, di cui anzi si farà uso per farne il battuto. Pongasi però cura di non intaccare in verun modo la pelle o cotenna, la quale dovrà rimanere intiera a guisa di sacco. Quando avrete empite le zampe col descritto impasto o battuto, le cucirete alla parte superiore per chiuderne l'apertura, lasciandovi un cappio di spago per appenderle. Fatele finalmente prosciugare a moderato calore, e servitevene dentro sei mesi dacchè le avrete confezionate.
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riempiono le zampe stesse del majale che si saranno prima vuotate sino al piede delle ossa e di tutta la carne, di cui anzi si farà uso per farne il
538. Codeghino all'uso di Modena. Prendete un chilogr. di cotenne ben pulite di majale, un chilogr. e mezzo di carne nervosa dello stesso animale (la più adattata è quella delle zampe), 10 gram. di cannella fine, mezza noce moscata grattata, 10 gram. di pepe soppesto, 5 gram. di spezie e 80 gram. di sale fine. Tagliuzzate minutamente le cotenne e la carne, battendole con una coltella, unitevi indi tutte le suddette droghe, mescolate ben bene il tutto, ed insaccate in grosse budella di majale legandone le estremità. Così fatti i vostri codeghini, li fascerete in pannilini, e li porrete a prosciugare al moderato calore d'una stufa. Indi serbateli in luogo fresco. Questi non si conservano per molto tempo; per cui devonsi far cuocere e mangiarsi entro i sei mesi della loro preparazione.
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prosciugare al moderato calore d'una stufa. Indi serbateli in luogo fresco. Questi non si conservano per molto tempo; per cui devonsi far cuocere e
545. Confettura di prugne. Prendete 5 ettogr. di belle prugne secche, ponetele in una casseruola con un bicchier di vin bianco e 150 gram di zucchero; passate la casseruola al fuoco e fate cuocere lentamente sino a che l'umido siasi ridotto a metà, tenendo la casseruola sempre coperta, eccettuato qualche momento, in cui dovrete scoprirla per agitare rimestando le vostre prugne. Potrete anche aggiungere durante la cottura un poco di cannella in pezzi, che ritirerete al momento di servire. Le prugne così cotte potrete recarle in tavola calde o fredde a piacere, dopo averle versate in un piatto col giulebbe in cui hanno cotto.
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qualche momento, in cui dovrete scoprirla per agitare rimestando le vostre prugne. Potrete anche aggiungere durante la cottura un poco di cannella in
553. Pasticcio di maccheroni. Prendete della pasta da pasticci (n. 550); distendetela col matterello alla grossezza di mezzo dito, ed intonacate con questa l'interno della forma in cui vorrete fare il pasticcio, avendo prima unto con burro liquefatto le pareti stesse della forma; riempitene il vuoto col ripieno che descriveremo qui appresso, e coprite questo con altro pezzo di pasta disteso alla grossezza di mezzo dito, avvertendo di attaccarne bene insieme gli orli, ciò che si ottiene bagnandoli con uovo sbattuto.
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questa l'interno della forma in cui vorrete fare il pasticcio, avendo prima unto con burro liquefatto le pareti stesse della forma; riempitene il
555. Vol-au-vent. Così chiamano i Francesi un pasticcio ammannito nel seguente modo. Prendete della pasta sfoglia (n. 552), che avrete tirata alla grossezza di tre centimetri; tagliatela in forma tonda od ovale secondo il piatto in cui vorrete servire il pasticcio; fatela cuocere in forno dopo averla disposta sopra una lamiera unta di burro, e quando sarà cotta e rigonfiata in altezza, praticatevi sopra un incisione circolare colla punta d'un coltello ben tagliente, a fine di non sminuzzare la pasta, ed alzate questa rotella, che vi servirà poi di coperchio; allora vuotate con attenzione internamente tutto il pasticcio, riempitelo con un intingolo di animelle, schienali, rigaglie di pollo e tartufi (vedi all'articolo INTINGOLI), coprite il pasticcio col suo coperchio della stessa pasta, e servitelo caldo.
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grossezza di tre centimetri; tagliatela in forma tonda od ovale secondo il piatto in cui vorrete servire il pasticcio; fatela cuocere in forno dopo
577. Biscottini diversi. Prendete alquanta pasta frolla (n. 551), formatene alcuni bastoncelli della lunghezza della lamiera su cui vorrete cuocerli, e della grossezza di un pollice o poco più; dorateli sopra con uovo sbattuto; fateli cuocere al forno, ma non troppo; ritirateli, tagliateli a fette oblique allungate, e fate biscottare queste al forno.
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577. Biscottini diversi. Prendete alquanta pasta frolla (n. 551), formatene alcuni bastoncelli della lunghezza della lamiera su cui vorrete cuocerli
580. Mandorlati. Mondate e pestate 2 ettog. di mandorle, di cui una terza parte amare, aggiungendo un poco di chiara d'uova affinchè non facciano l'olio. Quando ne avrete formata una pasta, sbattete a parte 12 tuorli d'uova con 4 ettog. di zucchero fine; unitevi otto chiare, anch'esse ben sbattute, e 30 gram. di farina, ed incorporate il tutto insieme. Mettete questa pasta in cassettine di carta, spolverizzate con zucchero e farina, e fate cuocere al forno poco caldo.
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580. Mandorlati. Mondate e pestate 2 ettog. di mandorle, di cui una terza parte amare, aggiungendo un poco di chiara d'uova affinchè non facciano l
594. Cottura dello zucchero. Chiarito che sia lo zucchero, bisogna dargli il grado di cottura richiesto dalla preparazione a cui si vuol destinarlo. I confettieri distinguono questi gradi di cottura coi nomi che noi anderemo qui in appresso additando mentre ne indicheremo i segni a cui si riconoscono.
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594. Cottura dello zucchero. Chiarito che sia lo zucchero, bisogna dargli il grado di cottura richiesto dalla preparazione a cui si vuol destinarlo
598. Sciroppo di ciriege. Togliete i gambi ed i noccioli ad ottime ciriege, ben mature e sane; ponetele sul fuoco con un poco d'acqua, e dopo che avranno bollito alquanto spremetele per farne sortire tutto il succo, che porrete in una calderuola, aggiungendovi 160 o 180 gram. di zucchero per ogni 100 di succo ottenuto, ed un po' d'acqua in cui avrete fatto infondere il giorno avanti un poco di cannella. Fate bollire il vostro sciroppo, schiumandolo quando ne abbisogna, ed appena sarà cotto a gran piuma, ritiratelo dal fuoco, lasciatelo raffreddare e ponetelo in bottiglie.
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100 di succo ottenuto, ed un po' d'acqua in cui avrete fatto infondere il giorno avanti un poco di cannella. Fate bollire il vostro sciroppo
604. Sciroppo di fiori d'arancio. Fate sciogliere un chil. di zucchero in un litro d'acqua; chiarificate e cuocete a giulebbe. Versatelo bollente in un vaso in cui avrete già messo una quantità di fiori d'arancio colti di recente e mondati. Dopo che il sciroppo si sarà raffreddato, passatelo per istaccio, e ponetelo in bottiglie.
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un vaso in cui avrete già messo una quantità di fiori d'arancio colti di recente e mondati. Dopo che il sciroppo si sarà raffreddato, passatelo per
611. Altre frutta candite. Le pere, le mele, le sorbe, le zucche, ecc. si candiscono alla stessa guisa che i cedri (n. 608); ma se queste frutta fossero troppo mature, non debbonsi far bollire, e soltanto basterà tenerle in molle per alcune ore nell'acqua calda, in cui sia sciolto un po' d'allume. Se le pere o le mele fossero di buccia troppo dura, si dovranno mondare prima di farle lessare, ponendo nell'acqua, intanto che bolle, alquanto sugo di limone o d'agresto. Pel resto si opera come pe' cedri.
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fossero troppo mature, non debbonsi far bollire, e soltanto basterà tenerle in molle per alcune ore nell'acqua calda, in cui sia sciolto un po' d'allume
618. Marmellata di pere. Si fa con ogni specie di pere zuccherose. Si mondano, si tagliano in quattro spicchi, se ne toglie via il torsolo, e si pongono in una calderuola con tant'acqua che basti a ricoprirle. Si fanno cuocere a fuoco gagliardo fino a che siansi rammollite, e quando si ritirano colla schiumarola, si pongono sullo staccio, si comprimono, e se ne riceve la polpa in un vaso di terra. Durante quest'operazione, si sarà messa nell'acqua in cui si sono cotte una quantità di zucchero in ragione di 6 ettogr. per ogni chilogr. di pere. Appena questo zucchero è disciolto ed alquanto schiumato, vi si aggiunge la polpa delle pere e si termina la cottura, che si protrae più o meno a lungo, secondo che si vuol dare più o meno consistenza alla marmellata.
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'acqua in cui si sono cotte una quantità di zucchero in ragione di 6 ettogr. per ogni chilogr. di pere. Appena questo zucchero è disciolto ed alquanto
626. Composta di pere. Prendete pere di buona qualità, e dopo averne punzecchiata la buccia con una forchetta, fatele rammollire nell'acqua bollente, e gettatele indi nell'acqua fresca, dalla quale dopo qualche minuto le estrarrete per mondarle, toglier loro il torso, e tagliarle in mezzo se sono troppo grosse, riponendole indi nell'acqua fresca, con fette di limone, onde si mantengano bianche. Per un chilogrammo di pere farete chiarificare 250 gram. di zucchero con un grosso bicchier d'acqua, e quando sarà cotto a giulebbe, aggiungete il succo d'un limone ed un pezzo di cannella, indi mettetevi le pere, dopo averle ritirate dall'acqua e fattele scolare, e lasciatevele bollire alquanto. Dopo di che le ritirerete dallo zucchero, le porrete in un vaso adattato, e lascerete cuocere il sciroppo un altro poco, chiarificandolo e versandolo finalmente, dopo che siasi raffreddato, sulle pere nel recipiente stesso in cui volete servirle.
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Il tempo dell'infusione varia secondo ciascun ratafià: il più sovente però non vi ha nessuno inconveniente a prolungarlo al di là del prescritto. In generale si lascia infondere da 15 a 30 giorni; ma vi hanno dei ratafià pe' quali bastino solo 8 giorni, mentre alcuni altri esigono parecchi mesi, L'infusione può essere abbreviata se si avrà cura di agitare sovente il vaso, onde il liquido s'impregni più prontamente dei principii attivi delle sostanze che vi sono immerse. Sarà pure buon partito il collocare il recipiente in luogo la cui temperatura sia alquanto elevata, o al sole, quando si tratta di frutta poco odorifere, come le ciriege, il ribes, le cotogne. Quanto poi alle sostanze d'odore pronunciato, come i fiori d'arancio, le scorze aromatiche e simili, bisogna farle macerare in luogo fresco, onde l'aroma non venga a perdersi per l'effetto del calore. In questi ultimi casi, in cui si vuole estrarre il solo odore dalle sostanze adoperate per aromatizzarne il liquore, non si deve far macerare che per poco tempo, e spesso un giorno basta, affinchè il ratafià non si saturi di principii acri, amari e spiacevoli.
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sostanze che vi sono immerse. Sarà pure buon partito il collocare il recipiente in luogo la cui temperatura sia alquanto elevata, o al sole, quando si
Bisogna premurosamente evitare, nella preparazione dei ratafià, di far uso di alcun vaso di metallo, come a dire di rame, di stagno, ecc. Gli alberelli, di terraglia o di vetro, le pentole ben verniciate ed i vasi di majolica o di vetro d'ogni specie sono quelli di cui dobbiamo servirci.
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alberelli, di terraglia o di vetro, le pentole ben verniciate ed i vasi di majolica o di vetro d'ogni specie sono quelli di cui dobbiamo servirci.
653. Ratafià di noci. Prendete un centinajo di noci verdi, il cui guscio sia ancora abbastanza poco indurito da lasciarsi facilmente trapassare da una spilla; pestatele in un mortajo, e ponetele in infusione per due mesi in 6 litri d'acquavite, con alcune noci moscate e un pizzico di garofani. In capo a questo tempo passate la vostra infusione attraverso uno staccio di seta; prendete poscia un chilogr. di zucchero triturato, e fatelo fondere nel liquore: riponete in appresso il ratafià in un vaso, e lasciatelo in riposo per altri tre mesi. Spirato questo termine, decantatelo accuratamente senza muoverlo nè agitarlo a fine di non intorbidirlo, e ponetelo nelle bottiglie, che non avrà bisogno d'esser filtrato.
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653. Ratafià di noci. Prendete un centinajo di noci verdi, il cui guscio sia ancora abbastanza poco indurito da lasciarsi facilmente trapassare da
658. Ratafià d'angelica. Prendete 3 ettogr. di steli d'angelica al momento in cui la pianta sta per fiorire; soppestateli in un mortajo, e poneteli poscia in un vaso con tre litri d' acquavite, turando ermeticamente il vaso e lasciandolo al sole per un mese. Scorso questo tempo, passate il liquore per pannolino, premendo alquanto, ed aggiungetevi 2 ettogr. di zucchero sciolto nella minor quantità d'acqua possibile insieme ad un po' di cannella, macis e garofani. Fate infondere nuovamente il tutto al sole durante lo spazio d'un altro mese, e finalmente filtrate il ratafià e chiudetelo in bottiglie.
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658. Ratafià d'angelica. Prendete 3 ettogr. di steli d'angelica al momento in cui la pianta sta per fiorire; soppestateli in un mortajo, e poneteli
676. Kirsch-wasser all'uso domestico. Prendete noccioli di ciriegie, che romperete e getterete insieme colle loro mandorle nell'acquavite, lasciandoveli infondere fino al tempo in cui maturano le albicocche: allora aggiungerete al miscuglio una quantità di noccioli di questo frutto, senza le mandorle, e lascierete infondere per altri due mesi. Scorso questo tempo filtrate il liquore, il quale riescirà assai eguale al vero kirsch-wasser, che si vende carissimo, ed avrà per lo stomaco le stesse qualità.
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, lasciandoveli infondere fino al tempo in cui maturano le albicocche: allora aggiungerete al miscuglio una quantità di noccioli di questo frutto, senza le
677. Anisetto. Per ottenere il liquore così chiamato, riducete in polvere finissima 2 ettogr. d'anici nuovi; infondeteli per quindici giorni in 6 litri d'acquavite o d' alcool, e distillatq a bagnomaria con fuoco moderato. Abbiate allora in pronto un sciroppo composto di 4 litri d'acqua in cui avrete fatto sciogliere a freddo chilog. 1 e mezzo di zucchero, e fate di tutto un miscuglio. Aggiungetevi la chiara d'un uovo, ed incorporatevela assai bene agitando il liquore per alcuni giorni, prima di filtrarlo.
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litri d'acquavite o d' alcool, e distillatq a bagnomaria con fuoco moderato. Abbiate allora in pronto un sciroppo composto di 4 litri d'acqua in cui
Mescolate in un bicchiere tutte le suddette materie con 10 gram. di alcool rettificato a 40 gradi, agitando con una bacchetta di vetro; versate questo miscuglio in un vaso, in cui avrete già preparato litri 2 e mezzo di spirito di vino di Francia, ed un litro d'acqua di fonte; filtrate alla carta, e mettete il liquore in bottiglie.
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questo miscuglio in un vaso, in cui avrete già preparato litri 2 e mezzo di spirito di vino di Francia, ed un litro d'acqua di fonte; filtrate alla carta
681. Maraschino di Zara. Togliete il gambo ed il nocciolo a 10 chilogr. di amarasche; ponetele in un vaso, copritele d'acqua fresca, e lasciatele così per due giorni; pestate indi i noccioli e metteteli in un lambicco con 6 litri d'acqua (di quella in cui avevate immerso le amarasche), insieme colle frutta; distillate, e ne avrete 6 litri di liquore, il quale unirete a 8 chilogr. di zucchero bianchissimo ed a 3 litri di alcool rettificato; lasciate il tutto in riposo per 24 ore, agitando di quando in quando, e per ultimo filtrate alla carta, e ponete questo liquore in bottiglie ben chiuse, dove lo lascerete invecchiare almeno un anno per averlo più buono.
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così per due giorni; pestate indi i noccioli e metteteli in un lambicco con 6 litri d'acqua (di quella in cui avevate immerso le amarasche), insieme
Volendo dare al rosolio l'odore di gelsomini, o di viole, o di mugherini, o di qualunque altro fiore di cui non si trovi l'essenza, si porranno i fiori stessi (freschie in quantità sufficiente) in infusione per 12 ore nello spirito in vaso ben chiuso, adoperando poi questo spirito amatizzato in luogo dello spirito semplice per l'uso del vostro rosolio. Per dare il colore ai diversi rosolii, vi servirete delle ricette indicate già al num. 573.
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Volendo dare al rosolio l'odore di gelsomini, o di viole, o di mugherini, o di qualunque altro fiore di cui non si trovi l'essenza, si porranno i
686. Rosolio di cannella. Distillate 4 litri di spirito, in cui avrete infuso un ettogr. di cannella, e cavatene 3 litri di liquore. Unitevi 2 chilogr. di zucchero disciolto in 4 litri d'acqua, e filtrate il liquore.
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686. Rosolio di cannella. Distillate 4 litri di spirito, in cui avrete infuso un ettogr. di cannella, e cavatene 3 litri di liquore. Unitevi 2
689. Modo di preparare i punchs. Mettete in un bicchiere comune tre cucchiajate da tavola di eccellente rum, ed anche più se desiderate il vostro punch alquanto carico; aggiungetevi due cucchiajate di zucchero bianco in polvere, e qualche goccia di succo di limone. Empite il bicchiere con acqua ben calda; travasate il punch in un altro bicchiere, passandolo per istaccio di seta oper pannolino, e spremetevi per ultimo lo spirito contenuto nella scorsa del limone stesso di cui vi siete servito. I punchs devonsi sempre servire caldissimi.
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scorsa del limone stesso di cui vi siete servito. I punchs devonsi sempre servire caldissimi.
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
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l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare
Durante quest'operazione devesi aver cura di far gocciolare di quando in quando, dal buco apposito di cui abbiamo parlato sopra, l'acqua che si sarà raccolta sul fondo del secchio, riponendo in sua vece nel secchio stesso altrettanto ghiaccio e sale. Quando il gelato è perfetto, si distribuisce in bicchieri o piattini adattati per servirlo. Se non devesi servire all'istante, bisogna lasciarlo nella sorbettiera, seguitando ogni tanto a rimestare, affinchè non si formino diacciuoli. Volendo dare ai gelati la forma d'un frutto o d'altro, si pongono in forme di latta o di stagno, le quali poi si chiudono e si mettono nel ghiaccio. Allorchè si vogliono servire tali gelati, s'immerge la forma nell'acqua calda, la si ritira prontamente perchè il gelato non si fonda, si asciuga con un pannolino, si apre e si rovescia sopra un piattino, lasciandovi cadere il gelato per servirlo all'istante.
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Durante quest'operazione devesi aver cura di far gocciolare di quando in quando, dal buco apposito di cui abbiamo parlato sopra, l'acqua che si sarà
714. Alimenti erbacei. La bietola, gli spinaci, sono alimenti leggieri e di facile digestione quando sieno cotti; ma tuttavia nutriscono poco. La lattuga, l'indivia, la cicoria, il cardone, sono erbaggi di cui si può fare maggior uso che dei precedenti.
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lattuga, l'indivia, la cicoria, il cardone, sono erbaggi di cui si può fare maggior uso che dei precedenti.
Il cavolo non conviene alle persone irritabili, nè ai convalescenti. Avendo cura di gettar via la prima acqua in cui si fa bollire, lo si priverà di quel principio acre che fa provare alle persone sedentarie delle acidità e un gran sviluppo di gas. I cavoli cappucci preparati all'uso tedesco (sauer-kraut) hanno virtù nutritizie ed antiscorbutiche, che li rendono preferibili nell'uso comune. I cavoli fiori presentano meno inconvenienti degli altri cavoli, e forniscono un alimento dolce e poco nutriente.
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Il cavolo non conviene alle persone irritabili, nè ai convalescenti. Avendo cura di gettar via la prima acqua in cui si fa bollire, lo si priverà di
La selvaggina, come lepre, daino, capriuolo, ecc. offre un alimento in generale assai nutriente, ma molto riscaldante; per cui non si conviene alle persone facilmente irritabili.
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La selvaggina, come lepre, daino, capriuolo, ecc. offre un alimento in generale assai nutriente, ma molto riscaldante; per cui non si conviene alle
13. Della conservazione del latte. Per conservare al latte tutte le qualità di cui gode quando è recente, bisogna metterlo in un vaso, tenerlo immerso nell'acqua, e ricoprirlo con una tela che sia sempre bagnata. Si può conservare in tal modo ventiquattro ore.
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13. Della conservazione del latte. Per conservare al latte tutte le qualità di cui gode quando è recente, bisogna metterlo in un vaso, tenerlo
14. Della conservazione del burro. Per conservare il burro fresco per alquanti giorni, il miglior mezzo è quello di lavarlo perfettamente nell'acqua fresca onde toglierne completamente il latte di burro, che tende a farlo divenir rancido. Quando l'acqua della lavatura resta limpida, si comprime il burro in un vaso, riempiendolo sino a metà o poco più. Deve aversi gran cura che sia ben compresso, affinchè non vi resti aria interposta ne' diversi strati, giacchè questa lo farebbe divenir rancido; in seguito si riempie di acqua fresca, di cui si lascia sempre coperto. Tenendolo in tal guisa in un luogo fresco, ed avendo cura di rinnovarvi l'acqua tutti i giorni, si può conservare perfettamente sano per due o tre settimane.
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strati, giacchè questa lo farebbe divenir rancido; in seguito si riempie di acqua fresca, di cui si lascia sempre coperto. Tenendolo in tal guisa in
24. Saur-kraut. È così chiamato in tedesco il cavolo preparato colla salamoja, e significa cavolo acido. Si fa uso ordinariamente del cavolo cappuccio, le cui foglie sieno serrate e bianche; si levano a questi cavoli le foglie verdi col gambo, si tagliano in strisce sottili, e queste si distendono sopra una tela affinchè asciughino. Per preparare il saur-kraut si adopera un barile. Se ha già servito pel vino o per l'acquavite riesce migliore; ma se ha servito per altro uso bisogna lavarlo diligentemente con acqua di calce bollente, onde togliergli l'odore che acquista restando vuoto. Lo stesso si pratica se il barile è nuovo.
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cappuccio, le cui foglie sieno serrate e bianche; si levano a questi cavoli le foglie verdi col gambo, si tagliano in strisce sottili, e queste si distendono
56. Battuto semplice. Si prende della carne cotta, del pane inzuppato in buon brodo, o nel latte, un poco di cipolla, pochissimo aglio, prezzemolo e poco pepolino: di poi si batte il tutto sopra un tagliere di legno con lunetta di ferro bene arrotata, ovvero con coltella in mancanza di questa, e riducesi questo battuto più minuto che si può; dipoi si pone in un piatto fondo o tegame e vi si mettono delle uova, del parmigiano grattato, del sale o della noce moscata grattugiata, e se ne forma tutto un impasto mischiandolo bene assai, e formando così una specie di polenta, di cui vi servirete per ripieni, per polpette, per crostati, ecc. ecc.
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della noce moscata grattugiata, e se ne forma tutto un impasto mischiandolo bene assai, e formando così una specie di polenta, di cui vi servirete
100. Minestrone. Nelle stagioni in cui si possono avere varie qualità di legumi ed erbaggi freschi, si possono fare ottime minestre assai complicate, cui si dà il nome di minestrone. D'ordinario si compongono di cavoli, fagiuoli sgranati fagioletti verdi, patate, zucchini, carote, fave, piselli, sedano, salvia, prezzemolo, sugo di pomidoro, ecc. cotti nel brodo, al quale si unisce un poco di cotenna di majale tagliata a pezzetti. Cotte che sieno le suddette sostanze, si aggiunge la pasta o riso, come più piace, e poscia si serve in tavola. Avvertasi però di mettere nel detto brodo di mano in mano i legumi che richieggono maggior tempo per cuocere, e per ultimo le erbe che vogliono minor cottura, ed il riso o pasta che tu voglia adoperare. Se ti aggrada puoi unire al brodo un battuto di lardo con aglio, come si usa in Lombardia.
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100. Minestrone. Nelle stagioni in cui si possono avere varie qualità di legumi ed erbaggi freschi, si possono fare ottime minestre assai complicate
162. Soffritto di cipolla. Si mette alquanta cipolla trinciata ben fine in una casseruola con butirro ed erbe odorose, come sedano, prezzemolo, carotine, pepolino, ecc.; si bagna con acqua o brodo, e vi si aggiungono droghe in polvere e spezia (n. 156) a piacere. Quando la cipolla è cotta, si fa prosciugare tutto l'umido e prendere un poco di colore, in modo però che non bruci. Si adopera questo soffritto per ogni specie di salse. Se deve servire per una salsa colorata, si aggiunge un poco di sugo di pomidoro; se per una salsa legata, un pugillo di farina. Si può ancora unire alla cipolla qualche scalogno, secondo il gusto. Se la salsa a cui serve deve essere molto saporita, si unisce alla cipolla una fetta di prosciutto, che si toglie però al momento di servirsi del soffritto.
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qualche scalogno, secondo il gusto. Se la salsa a cui serve deve essere molto saporita, si unisce alla cipolla una fetta di prosciutto, che si toglie